In ricordo di Sergio

In ricordo di Sergio

Sergio Cascia, Segretario Generale Provinciale FIMMG della Sezione di Ancona ci ha lasciato dopo una malattia che l’aveva colpito alcuni mesi fa e contro la quale ha combattuto con forza d’animo e coraggio, come era nel suo stile di uomo affidabile, intelligente e disponibile. Doti che ha profuso per tanti anni in favore della categoria del Medici di Medicina Generale delle Marche e dei suoi Assistiti. Oggi ci sentiamo tutti più soli perché perdiamo un nostro compagno di strada capace e competente, che ha guidato con entusiasmo e convinzione molti dei processi di innovazione della medicina generale marchigiana, coinvolgendosi in prima persona e spendendo sempre  la sua credibilità per favorire la crescita di tutta la categoria e dei sistemi di cura territoriali. Non possiamo non ricordare, inoltre, il suo impegno per i pazienti e più in generale per tutti i cittadini e la sua disponibile laboriosità per coglierne i bisogni, mettendosi sempre al loro fianco per garantire  nel territorio un adeguato e sempre più elevato livello di assistenza. Qualità che ha saputo trasmettere ai tanti Giovani Medici che hanno frequentato, come tirocinanti, il suo studio professionale.

Da ultimo, come non ricordare la sua allegra convivialità, umanità semplice ma grande che lo faceva subito diventare amico, fratello, padre, prossimo, con fare affettuoso e premuroso. Un esempio e uno stile di vita, quello di Sergio, che fa riflettere tutti noi in questo momento di tristezza. Un uomo che, in questi problematici tempi di divisione, sapeva creare Comunità

Ci conforta e ci stimola a proseguire nel suo percorso, il ricordo della sua persona, dei tanti momenti trascorsi a discutere, confrontarci e progettare. Degli obiettivi raggiunti e delle delusioni. Dei pranzi saltati, delle cene a tarda ora, dei lunghi viaggi in macchina, dei panini in auto-grill…..Ciao Sergio.

Massimo Magi

segretario regionale della FIMMG,

In ricordo di Sergio Cascia

Sergio Cascia ci ha lasciato

venerdì 25 gennaio 2019 10.50 – Notizie

Sergio Cascia, Segretario Generale Provinciale FIMMG della Sezione di Ancona ci ha lasciato dopo una malattia che l’aveva colpito alcuni mesi fa e contro la quale ha combattuto con forza d’animo e coraggio, come era nel suo stile di uomo affidabile, intelligente e disponibile. Doti che ha profuso per tanti anni in favore della categoria del Medici di Medicina Generale delle Marche e dei suoi Assistiti. Oggi ci sentiamo tutti più soli perché perdiamo un nostro compagno di strada capace e competente, che ha guidato con entusiasmo e convinzione molti dei processi di innovazione della medicina generale marchigiana, coinvolgendosi in prima persona e spendendo sempre  la sua credibilità per favorire la crescita di tutta la categoria e dei sistemi di cura territoriali. Non possiamo non ricordare, inoltre, il suo impegno per i pazienti e più in generale per tutti i cittadini e la sua disponibile laboriosità per coglierne i bisogni, mettendosi sempre al loro fianco per garantire  nel territorio un adeguato e sempre più elevato livello di assistenza. Qualità che ha saputo trasmettere ai tanti giovani medici che hanno frequentato, come tirocinanti, il suo studio professionale.

Da ultimo, come non ricordare la sua allegria, convivialità, umanità semplice ma grande che lo faceva subito diventare amico, fratello, padre, prossimo, con fare affettuoso e premuroso. Un esempio e uno stile di vita, quello di Sergio, che fa riflettere tutti noi in questo momento di tristezza.

Ci conforta, però, il ricordo della sua persona, dei tanti momenti trascorsi a discutere, confrontarci e progettare, dei pranzi saltati, delle cene a tarda ora, dei lunghi viaggi in macchina, dei panini in auto-grill…..Ciao Sergio.

Massimo Magi

Ciao Sergio

I colleghi dell’Associazione Medici della Media Vallesina ed i colleghi di Medicina Generale dell’Area Vasta 2 partecipano alla grave perdita del Dott Sergio Cascia.

 

Autismo.

Autismo. Trovati biomarcatori che possono portare a diagnosi più precoci. La ricerca dell’Università di Bologna

Un team di ricerca italo-britannico ha messo a punto un nuovo test – il primo di questo tipo – basato sull’individuazione di specifici danni alle proteine plasmatiche. Uno strumento che può rivelarsi utile per arrivare a identificare i disturbi dello spettro autistico anche in età molto precoce e aprire la strada a nuovi trattamenti.

19 FEB – Un team di ricercatori di Università di Bologna, Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (Irccs), Università di Warwick e Università di Birmingham ha messo a punto un nuovo test – il primo di questo tipo – che potrebbe portare a diagnosi più precoci nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, favorendo così trattamenti più tempestivi.

Il test – pubblicato sulla rivista Molecular Autism – si basa sull’individuazione, attraverso biomarcatori nel sangue e nelle urine, di specifici danni alle proteine plasmatiche. Un risultato che potrebbe portare in futuro a fare luce su cause non ancora identificate alla base dei disturbi dello spettro autistico, contribuendo così a mettere a punto nuove terapie, che saranno tanto più efficaci quanto più precocemente applicate.

Cosa sono i disturbi dello spettro autistico
I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono disturbi del Neurosviluppo che impattano principalmente sulle interazioni sociali e che possono comprendere un’ampia gamma di problemi comportamentali, tra cui anomalie nella comunicazione, comportamenti ripetitivi o compulsivi, iperattività, ansietà, difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, disturbi sensoriali e, in molti casi, disabilità intellettiva. I sintomi possono essere molto eterogenei e, soprattutto in età precoce, molto sfumati. Per questo motivo è spesso difficile ottenere una diagnosi certa prima di 24-36 mesi di età.

Le cause di questo tipo di disturbi sono ancora poco chiare. Mentre in circa un terzo dei casi (30–35%) possono essere riconosciute motivazioni genetiche, per il restante 65–70% dei soggetti colpiti si ritiene che l’autismo sia causato da una combinazione di fattori ambientali, mutazioni multiple e varianti genetiche rare.

Nuovi indizi e utili conferme
Nuovi indizi per fare luce sulle cause di questi disturbi possono arrivare ora grazie al nuovo test messo a punto dal team di ricerca italo-britannico. Gli studiosi hanno infatti individuato un legame tra ASD e un particolare danno alle proteine plasmatiche dovuto a fenomeni di ossidazione e di glicazione.

“Questa ricerca – spiega Marina Marini, docente al Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Alma Mater, che ha coordinato il gruppo bolognese – mette in luce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del Neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche comuni in bambini che hanno sicuramente background genetici diversi. Ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche”. In particolare, nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico sono stati riscontrati livelli più elevati di uno specifico marcatore di ossidazione, la di-tirosina (DT), e di composti denominati “Advanced Glycation Endproducts” (AGEs).

Dai risultati della ricerca, inoltre, è arrivata anche la conferma che nei disturbi dello spettro autistico è coinvolta un’alterazione dei trasportatori di aminoacidi, già identificata in una rara mutazione genetica che determina autismo. Nei bambini studiati, però, le cause dell’alterazione potrebbero essere di tipo epigenetico e non genetico, quindi potenzialmente modificabili.

“La nostra scoperta – spiega Naila Rabbani, Reader di Experimental Systems Biology all’Università di Warwick, che ha guidato la ricerca biochimica – potrebbe portare a una diagnosi e a interventi terapeutici più precoci. Speriamo, inoltre, che questo tipo di studi possa mettere in luce nuovi fattori causativi: nuove ricerche potrebbero infatti rivelare specifici profili plasmatici e urinari di composti che portano traccia di modificazioni dannose. Non solo, quindi, si potrà migliorare la diagnosi, ma anche individuare nuove cause dell’ASD”.

I protagonisti dello studio e i prossimi passi
Per realizzare lo studio, il Centro Disturbi dello Spettro Autistico dell’Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna ha realizzato una valutazione clinica su 38 bambini affetti da disturbi dello spettro autistico (29 maschi e 9 femmine) e un gruppo di controllo composto da 31 bambini a sviluppo normotipico (23 maschi e 8 femmine), tutti di età compresa tra 5 e 12 anni. Il team dell’Università di Warwick, guidato da Naila Rabbani, ha poi studiato campioni di sangue e di urina, evidenziando le differenze chimiche tra i due gruppi. Un ricercatore dell’Università di Birmingham ha invece combinato i dati relativi ai cambiamenti dei diversi composti, elaborando un algoritmo di machine learning: un’intelligenza artificiale che consente di distinguere tra i soggetti affetti e quelli non affetti. Il risultato è stato un test diagnostico con ottima capacità di distinguere tra veri e falsi positivi e veri e falsi negativi.

Sarà necessario ora ampliare lo studio a nuovi gruppi di bambini con l’obiettivo di confermarne l’efficacia e valutare se i biomarcatori individuati siano in grado di discriminare non solo tra bambini affetti e sani, ma anche tra diverse patologie del Neurosviluppo o che comportano stress ossidativo, e per valutare, inoltre, la sua capacità di identificare l’ASD anche in età molto precoce.

19 febbraio 2018
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Caro Zucchero,

Caro Zucchero,
io e te dobbiamo parlare.
Sono stufa di fingere che tutto vada bene fra noi.

Ecco, te lo dico.
SONO STUFA DI TE!
Non ne posso più di essere ingannata.
Fai tanto il raffinato, mi regali picchi di piacere intenso con quella tua dolcezza ma poi mi lasci quell’amaro addosso insopportabile. Mi soddisfi sempre quando sono triste, mi coccoli fugacemente per quella manciata di minuti, ma poi puntualmente mi fai male, sì. Mi alteri dentro. Anche fuori mi alteri, si vede anche a occhio nudo col tempo.

Sono stufa di dipendere da te. Basta!
Da oggi io faccio da sola. Mi rallegro con i colori della natura, quelli della frutta. E gioisco di una vita sana, integrale e pure bio. Una vita a pieno, voglio una vita a pieno per essere libera di essere chi sono veramente. Togliti, vai via. Voglio disintossicarmi dalla tua presenza per sempre!

È inutile che mi tenti. Non cederò alle tue lusinghe.
A colazione, a pranzo e cena io farò a meno di te.
Neppure un grammo del tuo dolore pervaderà più la mia esistenza.
Sei tossico, sei nocivo, sei pure brutto. Sì.
A ben guardare sei pure infimo, nascosto ovunque.
Sarà difficile evitarti, lo so. Ma io voglio cambiare e cambierò perchè lo desidero con tutta me stessa.

Non manderò giù più nessuna sofferenza travestita di bontà.
Basta, così è deciso.

Mi mancherai molto, lo so.
Mi piaci molto, e questo tu lo sai. Ma il nostro rapporto è deleterio.
Ci piaceremo fino alla morte, c’è un’attrazione chimica fortissima fra noi.
Ma io desidero ardentemente stare meglio. Voglio tornare in forma e soprattutto voglio svegliarmi VIVA.

Ciao Mon Cherì.
Non cercarmi.

Come essere sempre concentrato. In 5 punti!

Da numerose ricerche scientifiche è infatti emerso che le persone hanno sempre più difficoltà a concentrarsi e sono sempre più “vittime” delle distrazioni.

E tu? Ti distrai facilmente?

Se la risposta è sì, ecco 5 consigli che potrebbero tornarti molto utili nella vita di tutti i giorni!

La scienza ci dice che sul piano neuroscientifico siamo una specie naturalmente portata alla distrazione.

Nell’antichità la nostra voglia di esplorare e la nostra curiosità ci hanno guidato verso il dominio del mondo, ma oggi, con tutta la tecnologia e gli input che abbiamo intorno, questa nostra caratteristica genetica sembra ritorcersi contro.

Come possiamo quindi ovviare a questa nostra graduale perdita di concentrazione?

Partendo da 5 semplici punti da mettere in pratica giorno per giorno.

Oggi ti voglio parlare di concentrazione, o meglio di alcune tecniche che servono per ottimizzare la concentrazione e le tue capacità mentali. Il problema è serio e reale. Dati alla mano, da numerose ricerche scientifiche sappiamo che le persone hanno sempre più difficoltà a concentrarsi, sono in qualche modo delle vere e proprie vittime delle distrazioni. Del resto non è tanto sorprendente questo, sul piano neuroscientifico sappiamo che noi come specie siamo molto vulnerabili alle distrazioni.

Mettiamola in questi termini; noi abbiamo sviluppato delle caratteristiche che sono tra l’altro determinate anche da una specifica mutazione genetica a livello di un gene che si chiama DRD4-7R, che è un gene che ha a che fare con la funzionalità della dopamina. Abbiamo sviluppato delle modalità operative che sono abbastanza singolari, cioè siamo molto portati all’esplorazione, alla curiosità, anche al prendere rischi per affrontare l’esplorazione. Perché? Perché questo ci ha resi più capaci di conquistare il mondo come specie.

Quindi in tempi antichi era indubbiamente un fattore molto positivo questo. Avevi una tendenza maggiore rispetto ad altri ad andare ad esplorare, ma è chiaro che il mondo antico era fondamentalmente privo di grandi fonti di distrazione, basta immaginarsi quello che poteva essere la savana di 200.000 anni fa. Sì certo c’era qualche animale feroce, ma per il resto non c’era assolutamente nulla e basta confrontarla con una città moderna, con la vita moderna, con questo sovraccarico di segnali, messaggi, rumori, email e telefonate per capire che indubbiamente l’ambiente in cui viviamo oggi è estremamente diverso.

Dunque che cosa è successo? È successo che, quello che è stato un vantaggio per un lungo periodo di tempo, è diventato fondamentalmente uno svantaggio. Quindi noi abbiamo una vulnerabilità intrinseca, che è legata anche al fatto che questo meccanismo che ci rende più disposti ad esplorare è un meccanismo legato alla percezione di piacere, cioè l’essere umano produce una quantità di dopamina più alta quando è esposto a delle novità e dunque, la distrazione funge da fonte di piacere. Ecco perché ci cadiamo così frequentemente. Ecco perché non resistiamo a tirar fuori il telefonino e a guardare, non semplicemente quando è arrivato un messaggio, ma guardare se è arrivato un messaggio, perché già il “se”, l’ipotesi che sia arrivato un messaggio, dà una produzione aumentata di dopamina.

Tutto ciò non sarebbe un problema se non finisse con l’interferire in maniera pesante sulle nostre capacità operative perché, semplicemente, il cervello ha ovviamente una certa quantità di risorse che può mettere a disposizione. Se queste risorse sono in ostaggio delle distrazioni per un numero elevato di ore è chiaro che il resto in un certo senso ne risentirà.

Proviamo a identificare 5 tecniche che possono aiutarci a riguadagnare concentrazione:

  1. Il primo punto molto importante, e non è importante soltanto per la concentrazione, ma per la salute in senso generale, è essere più riposati. La mancanza di riposo e nello specifico la mancanza di sonno aumenta in maniera significativa la propensione che noi abbiamo di cadere nella distrazione, perché ovviamente la stanchezza rappresenta un qualcosa che ti manca e tu vai in cerca di questo qualcosa all’esterno. La dopamina ti fa sentire vivo, ti dà una sferzata di energia e quindi ci caschi con più regolarità, quindi essere riposato ti aiuta in maniera importante.
  2. Sfidarsi nella vita quotidiana in modo da evitare la noia, perché indubbiamente più annoiato sei, più ripetitivo è lo scorrere delle ore, senza che niente accada di significativo, più diventerai ovviamente preda e vittima della ricerca di distrazioni. Devi uscire dalla tua zona di comfort, devi andare in cerca di piccole grandi sfide che ti tengono occupato, che ti tengono entusiasta e che ti tengono anche concentrato su quello che devi fare.
  3. Ridurre lo stress. Anche questo è diciamo molto trasversale, però bisogna tenere in considerazione che lo stress è un campanello d’allarme che mantiene il nostro sistema nervoso in allerta come se fosse un radar, ma questo radar ovviamente pesca anche le distrazioni, quindi nel momento in cui lo stress è acuto e il radar serve per identificare un vero pericolo va benissimo, ma se lo stress è permanente e il radar continua a funzionare, ma quello che percepisce non sono pericoli, ma distrazioni, per abbassare il livello di stress tramite l’arrivo di dopamina, ecco che di nuovo diventa una trappola. Quindi ridurre lo stress è importante.
  4. Fare attività fisica. Anche questa è una cosa trasversale che aiuta ovviamente il corpo e la mente, produce ormoni che fanno bene all’organismo, rafforza i muscoli, rafforza il cuore etc, ma rafforza anche il cervello perché indubbiamente produce tutta una serie di sostanze cosiddette neurotrofiche, cioè capaci di aiutare i neuroni a ripararsi e a crescere (la più importante il BDNF) ma anche perché ti allena a stare concentrato su un compito. E questo è molto importante, è una di quelle rare occasioni, salvo chi fa sport guardando il telefonino, ma insomma escludiamo questa categoria, in cui possiamo mettere via il telefonino e concentrarci su quello che stiamo facendo, soprattutto quando è uno sport che richiede una certa concentrazione perché ha una componente tecnica.
  5. Dare al cervello gli ingredienti che lo aiutano a rafforzarsi e parlo di ingredienti alimentari. Cosa fa la maggior parte della gente quando ha poca energia e scarsa concentrazione? Prende degli zuccheri, che è un suicidio perché ottieni esattamente l’effetto opposto. Avrai una carica di energia momentanea poi avrai un calo drastico che ti porterà a cercare ancora una volta zuccheri, quindi per esempio saper gestire la propria alimentazione in termini di cereali integrali, di proteine buone, in termini di Omega 3 che fanno ovviamente bene al sistema nervoso perché è fatto soprattutto di acidi grassi, sono tutte modalità che portano ad un rafforzamento dell’organo, ma allo stesso tempo portano a un rafforzamento comportamentale, perché non dobbiamo mai dimenticarci che nel caso specifico del cervello si tratta alla fine di, ovviamente, un’entità anatomica, ma il risultato della funzionalità di questa entità anatomica sono i nostri comportamenti, sono i nostri pensieri. Quindi possiamo veramente intervenire anche con una cosa che sembra così distante come la nutrizione sulla qualità dei comportamenti che abbiamo.

In ultima analisi ti propongo una metafora: una barca a vela in mezzo al mare. Se non ci fosse un vento che ha una determinata direzione questa barca a vela navigherebbe a caso e non arriverebbe da nessuna parte. Questo è quello che sta accadendo a molte, troppe persone; sono delle barche a vela senza direzione e a volte anche senza timone.

Bisogna riprendere il controllo, ma non un controllo esercitato con la forza, bensì un controllo che esprime la volontà di andare da un posto all’altro, perché questa è la vita. La vita è un progetto, la vita è crescita, la vita è espansione, ma la vita è anche una direzione.

5 modi per superare il più grande ostacolo al miglioramento: la pigrizia

Ho provato mille volte a fare sport, ma sono proprio pigra“; “Vorrei tanto imparare una nuova lingua, ma non ho la costanza“; “Voglio perdere peso, ma ho poca forza di volontà e non riesco a resistere alle tentazioni“. Quante volte abbiamo sentito o pronunciato noi stessi frasi di questo tipo?

Ognuno di noi ha qualche sogno nel cassetto, ma siamo esseri contraddittori e, spesso, siamo noi stessi i primi sabotatori del nostro percorso. Infatti pigrizia, mancanza di costanza e scarsa forza di volontà non sono altro che giudizi che diamo a noi stessi e che finiscono con il condizionare ogni nostra azione.

Si inizia da piccoli grazie a qualche frase detta a caso da genitori ed amici. Le parole entrano prima nel cuore e ci feriscono e poi penetrano nel cervello fino a quando non ci convinciamo che rappresentino la verità. Sei disordinato, sei pigro, sei timido, sei aggressivo, sei, sei, sei. A forza di sentirlo e di percepirlo come un giudizio non contestualizzato, ma al contrario generalizzato sulla nostra persona, diventa parte di noi.

Sarebbe meglio sempre specificare in cosa uno è stato disordinato o pigro in modo tale da non renderlo un giudizio universale, ma nessuno di noi è perfetto, nemmeno chi ci educa.

Così, una volta che ci hanno appioppato addosso un’etichetta, è dura togliersela.

Ogni minimo errore viene attribuito a quella caratteristica e così invece di imparare a migliorare, finiamo con l’imparare a giustificarci. Si entra in un circolo vizioso: siccome ci hanno detto che siamo pigri, ci comportiamo da pigri. Siccome ci hanno convinto che non abbiamo forza di volontà, finiamo col non averne.

Ci sentiamo giustificati ad aderire ad un’immagine di noi che crediamo veritiera.

Tutto ciò si fonda però su un’interpretazione del tutto errata dei meccanismi di formazione di abitudini e carattere. Non è infatti il carattere a formare le abitudini, ma sono le abitudini a dare vita al carattere.

Del resto per quale motivo dovrebbe esserci fin dalla più tenera età un programma comportamentale innato e per di più disfunzionale come la pigrizia o la mancanza di forza di volontà? Non avrebbe senso. Sono invece le prime esposizioni al mondo esterno, ai giudizi e ai comportamenti altrui a plasmare le nostre capacità di risposta. Non a caso spesso proprio quei genitori che più accusano i figli sono quelli che per primi hanno comportamenti poco efficaci.

Poi, con il tempo, quando permetti ad un certo comportamento di attuarsi con costanza, finisce con il diventare un’abitudine e quindi con il definirti. La pigrizia non è quindi un’indole, un tratto della personalità, ma la conseguenza di aver allenato l’abitudine alla pigrizia. Allena qualcos’altro per un tempo sufficiente e darai vita a comportamenti del tutto differenti.

Ma perché questo accada è necessario compiere alcuni passi in una nuova direzione:

  1. Isola la componente che vuoi migliorare: Non lavorare su concetti astratti come la pigrizia o la forza di volontà, ma su azioni specifiche. Per esempio concentrati sull’andare a camminare ogni mattina e limitati a lavorare su quello, lasciando da parte ogni riferimento ad esperienze passate o ad altri aspetti che non c’entrano con quell’azione.
  2. Stabilizza ogni passo fatto fino a renderlo automatico: un’abitudine è il risultato di un percorso di allenamento dato da esposizioni ripetute, consapevoli o meno. Per potersi definire tali, le abitudini richiedono un tempo medio di 2 mesi per stabilizzarsi e diventare automatiche. In quei due mesi è necessario esporsi con la massima regolarità. Nel caso del camminare, affinché diventi una vera abitudine, nei primi due mesi sarà necessario uscire sempre e comunque, anche se piove o è freddo, in modo da non interrompere il processo. Magari faremo un’uscita meno impegnativa, ma non dobbiamo rinunciare.
  3. Rafforza il tuo auto-giudizio: mano a mano che un nuovo giudizio su te stesso emerge, grazie all’esperienza del cambiamento comportamentale, sarà necessario rafforzarlo in maniera sistematica e non limitarsi ad un timido “però non credevo che ce l’avrei fatta”. Una delle tecniche migliori per trasformare il tuo auto-giudizio è quella di scrivere. Tenere un diario in cui annotarsi i dettagli emotivi di questo cambiamento è un mezzo molto potente per creare nel profondo una nuova visione di te stesso.
  4. Cambia giro: le persone che ti circondano sono fondamentali nel determinare il giudizio che hai di te stesso. Chiediti se ti stimano, se ti motivano, se credono in te o se al contrario ti criticano e giudicano e tendono a ridimensionare costantemente le tue ambizioni. A volte per poter migliorare la propria realtà occorre sacrificare qualche relazione.  Di solito ci si accorge rapidamente che erano rapporti di circostanza di cui possiamo fare facilmente a meno.
  5. Diventa un possibilista:  è facile considerare ogni sfida impossibile. Così facendo ci si crea un alibi per non agire. Tuttavia la storia ci insegna che impossibile è solo ciò a cui noi rinunciamo a priori. Chissà cosa avrebbero detto i nostri antenati se avessimo ipotizzato di volare in aereo in giro per il mondo, di atterrare sulla Luna o di comunicare con un telefono cellulare o via mail?  Sono poche le cose davvero impossibili.

Ognuno di noi può migliorare ed imparare a raggiungere gli obiettivi che si prefissa. Si tratta in primo luogo di mettere da parte i giudizi generali e limitanti che ci diamo e che spesso lasciamo che gli altri ci diano.

Il percorso di cambiamento delle abitudini non è un mistero o qualcosa di magico o che dipende dalla fortuna. Si tratta di un adattamento del sistema nervoso permesso da un meccanismo noto come neuroplasticità. Ognuno di noi lo possiede e può imparare a sfruttarlo al meglio .

Rimani forte, vivi a pieno!