Cosa hanno in comune tutti i miei pazienti? Ecco i 3 problemi principali

Che rapporto hai con la tua salute?

Te lo chiedo perché ho notato che molte persone affrontano il rapporto con salute e malattia in modo poco equilibrato.

C’è chi ignora completamente la propria situazione clinica e aspetta che sia il medico a ricordargli di fare le analisi e chi invece ha sviluppato un timore tale della malattia da diventare ipocondriaco o ossessivo.

Tu ti rivedi in uno di questi profili o riesci a prenderti cura di te stesso con attenzione e senza mai perdere il controllo?

In realtà credo che l’unico rapporto “giusto” con la propria salute debba essere basato sull’amore per se stessi e per il proprio benessere.

La paura della malattia e ancor di più la paura della morte portano la maggior parte di noi a rifugiarsi nell’incoscienza e a fare le scelte sbagliate.

Ecco i tre problemi comuni tipici nella maggior parte dei pazienti.

Il rapporto con la propria salute è una cosa molto, molto personale, tocca la dimensione tecnica, concreta, ma tocca anche la dimensione emotiva, addirittura la dimensione spirituale se vogliamo, perché il rapporto con la propria salute definisce in qualche modo anche il rapporto che la persona ha con la vita e con la morte.

Devo dire che molte persone affrontano il rapporto con la propria salute in maniera tesa, non lineare e non semplice, un rapporto spesso caratterizzato da paura oppure da disinteresse o/e ossessione. Ecco, ogni volta che il nostro rapporto con la nostra salute prende una piega un po’ esasperata, finisce con il non essere qualcosa che ci dà il supporto che dovrebbe darci. In realtà l’unico vero rapporto sano con la propria salute dovrebbe essere un rapporto basato sull’amore e sull’ amor proprio, cosa non facilissima da vedere nelle persone, proprio perché il rapporto con la salute è una cosa molto complessa e tendenzialmente la paura della malattia, la paura della morte, porta la maggior parte di noi a rifugiarsi in un’area, che è appunto quella o della paura o del creare un muro attorno e far finta di niente.

Chi a volte supera quel muro lo supera entrando in una dimensione invece dell’esagerazione, dell’ossessione, quindi non pensano ad altro che alla salute, fino anche a sfociare in comportamenti che sono disfunzionali, come per esempio l’ipocondria o l’ortoressia.

Ecco però nella mia esperienza con migliaia di pazienti ho evidenziato perlomeno 3 problemi o 3 approcci che sono veramente ricorrenti e che credo valga la pena discutere perché possono aiutare tutti ad affrontare con maggior linearità e anche forse maggior spontaneità il rapporto con la propria salute.

  1. La mancanza di conoscenze

Le persone passano o da un’ignoranza totale nei confronti del proprio organismo, della propria mente, delle proprie esigenze, di come funzioniamo (sono sempre stupito del fatto che l’uomo moderno sa tutto di tutto, magari conosce a memoria il manuale del proprio telefonino, ma non sa assolutamente nulla di se stesso e di come effettivamente funziona) oppure, e la reputo comunque una mancanza, nel momento in cui subentra la paura allora cerchi di accumulare tutte le conoscenze in un attimo e in genere le accumuli male, quindi questo accumulo di conoscenze porta ad un’esasperazione dell’ansia e della tensione.
In realtà abbiamo bisogno di conoscenze non quando prendiamo paura, ma quando siamo stabili. Abbiamo bisogno di conoscenze che non sono tanto finalizzate a identificare la malattia, che è il compito del medico, non è il compito del paziente, ma a conoscere quali sono le variabili che mantengono la salute. Quindi le persone dovrebbero dedicare più attenzione a una formazione di base su quali sono le cose importanti per rimanere sani, invece la tendenza è di non sapere nulla e poi, quando sospetti di avere qualcosa, provare a sostituirti al medico, captando informazioni a destra e a sinistra in maniera scoordinata, cosa che porta a dei risultati non buoni.

  1. La mancanza di responsabilità

Tutti noi tendiamo a deresponsabilizzarci e, più il compito è difficile, più il compito ci fa un po’ paura, come quello della gestione del rapporto tra salute e malattia, più tendiamo a deresponsabilizzare all’esterno. Allora ci aspettiamo che la soluzione venga da altri, che sia il medico a darci la soluzione, che sia il trainer, che sia il coach, che sia lo psicologo…insomma sempre qualcuno di esterno. Questo va benissimo quando è necessario risolvere un problema concreto, ma non possiamo pensare di dare questa responsabilità del mantenimento della salute a lungo termine a qualcun’altro perché è una responsabilità nostra e voglio dire qualsiasi percorso di cambiamento passa dalla realizzazione delle tue responsabilità, anche nei confronti di quei danni che ti sei creato, in modo tale da percepire la tua responsabilità anche nel momento in cui ci sono dei successi. Ma se deleghi tutto all’esterno nessuna componente di questo percorso in realtà si realizzerà.

  1. La mancanza di controllo

anche nelle persone in cui si avvia un percorso di cambiamento, inizia un percorso di miglioramento della salute, quello che succede è che poi piano piano si rischia di andare fuori pista perché non si sono sviluppati dei meccanismi di controllo adeguati, e parlo proprio di meccanismi che ci fanno leggere, misurare e valutare quello che sta succedendo nel nostro percorso. Allora, se l’obiettivo è la riduzione del peso, d’accordo c’è la bilancia una volta la settimana, c’è la bioimpedenza per chi vuole una misurazione un po’ più sofisticata della massa corporea, ma per tante altre cose che riguardano aspetti meno concreti del nostro percorso di cambiamento e della gestione della nostra salute, il controllo in realtà manca totalmente.
Ecco in questi casi lo dobbiamo creare noi, per esempio una cosa di cui parlo spesso, ma che rientra anche in questo concetto, è la gestione di un diario, perché tramite la gestione di un diario e tramite la scrittura costante del nostro percorso di cambiamento siamo molto più precisi nella valutazione di quello che sta accadendo sul piano reale e concreto nel corso delle nostre giornate, ma anche sul piano psico-emotivo.

Allora l’importante qui è capire che la responsabilità, il dovere di gestire la nostra salute, sta solo in noi. Il medico o altre figure professionali subentrano e vanno benissimo nel momento in cui vogliamo gestire in maniera più tecnica un problema, ma non possiamo aspettarci di avere una balia al nostro fianco continuamente che ci dice “devi fare questo, devi fare quell’altro”.

Responsabilizzare noi stessi significa capire l’importanza delle nostre scelte e oggi sappiamo che sul piano scientifico l’epigenetica ha ampiamente dimostrato che ogni scelta che facciamo ha una ricaduta concreta e reale sul nostro organismo, ecco è arrivato il momento di non tirare fuori scuse, di smettere di lamentarsi e di mettersi al lavoro, ma con serenità, non con paura, non con ossessione, non con disinteresse, ma con la volontà bellissima di coltivare questo miracolo che ognuno di noi effettivamente è.