Perché si muore nel sonno?

Il sonno non è sempre da collegarsi a cose positive, infatti, basti pensare che per gli antichi greci il sonno era nient’altro che il fratello gemello di morte, due divinità che richiamavano alla notte e alle tenebre dell’oltretomba.

Già dalle epoche antiche era quindi evidente e temuto il legame che univa il sonno con la morte. Con il passare del tempo la morte nel sonno ha invece assunto dei connotati meno inquietanti; infatti, un decesso di questo tipo è considerato come quello più pacifico da poter desiderare. I motivi della morte durante il sonno sono vari e comprendono il russare, l’insonnia, fattori questi che ne vanno ad aumentare le probabilità di presentarsi.

Il dormire è un aspetto molto importante nella vita umana, infatti, è stato calcolato che ogni individuo passa un terzo della propria vita dormendo. La morte durante questa fase di riposo si può presentare sia in persone giovani che anziane, anche se in questi casi è più frequente, magari a seguito o come ultima fase di una lunga malattia.

Di solito, quando si muore durante il sonno non è necessaria un’autopsia per determinarne le cause, a meno che questa non avvenga in situazioni sospette o in persone giovani che non soffrivano di nessun tipo di patologia nota. Talvolta, neppure l’esame autoptico riesce a colmare i dubbi ed allora il medico userà delle definizioni, per indicare la causa del decesso, come insufficienza cardiorespiratoria, morte per cause naturali o vecchiaia. Questa risposta lascerà però i cari del defunto con il dubbio su quello che è il motivo della morte.

Morire nel sonno: le cause più probabili

Le cause della morte nel sonno possono essere dovute anche a fattori esterni, come ad esempio un terremoto, che va a causare il crollo della casa e che provoca a sua volta il decesso a causa dei traumi subiti. Anche il monossido di carbonio può uccidere durante il sonno, a causa di impianti di riscaldamento e altre fondi di calore malfunzionanti. Mentre una persona dorme questa è nel suo stato più vulnerabile e può capitare che malintenzionati ne approfittino per compiere un omicidio. L’utilizzo di medicine contro l’insonnia o per contrastare il dolore possono essere legate alla morte nel sonno, specialmente se questi sono assunti in modo eccessivo o insieme a sostanze alcoliche. Farmaci sedativi od oppiacei, che vengono prescritti per lenire dolore molto forte, possono andare ad alterare i ritmi respiratori, che rallentando diventano estremamente pericolosi.

Morire durante il sonno può però essere causato anche da cause naturali, come ad esempio problemi a cuore e polmoni. L’insufficienza respiratoria va a riflettersi su quello che è il corretto funzionamento del cuore. Questo può soffrire anche a causa di attacchi cardiaci che portano a loro volta a problemi di afflusso di sangue al cervello, che porta velocemente all’insufficienza respiratoria.

I polmoni si vanno a riempire di liquido, originando un edema che aggrava il quadro fino all’insufficienza cardiaca. Gli attacchi cardiaci si hanno quando un vaso sanguigno è ostruito e non permette al sangue di circolare correttamente e che quindi porta alla morte del tessuto che dovrebbe andare a irrorare.

Se il cuore non pompa, anche il resto del corpo muore in tempi rapidi. Se i battiti sono troppo lenti o troppo veloci, significa che le contrazioni del muscolo non sono regolari e possono portare a compromissioni del muscolo cardiaco stesso. Per questo motivo, le aritmie sono una delle cause più frequenti di morte nel sonno.

Anche l’insufficienza cardiaca congestizia è una fonte di rischio; questo disturbo causa un accumulo di liquido nel polmoni e si presenta con piedi e gambe gonfie a causa dell’edema periferico. Ogni problema che tocca il cuore si riflette sugli altri organi e può portare anche al presentarsi di un ictus, rischio ancora più alto se è presente anche l’ipertensione.

Anche le malattie respiratorie sono spesso causa di morte. Queste, infatti, si aggravano con il passare del tempo e possono essere fatali durante il sonno. Le principali patologie che colpiscono i polmoni sono la BPCO (broncopneunopatia cronica ostruttiva), l’enfisema, la fibrosi cistica, il cancro ai polmoni, la fibrosi polmonare, la polmonite, l’asma e l’embolia polmonare. Anche miastenia, SLA o problemi al sistema nervoso possono causare blocchi polmonari.

La SUDEP (Sudden Unexpected Death in Epilepsy), morte improvvisa di epilessia, può presentarsi durante il sonno e causare la morte.

Ci sono anche dei disturbi del sonno che sono altrettanto pericolosi; si tratta di:

  • Apnea ostruttiva del sonno, che va ad amplificare patologie come aritmie, insufficienza cardiaca o attacchi cardiaci.

  • La parasomnias, il sonnambulismo, può mettere chi ne soffre in situazioni pericolose, come esporlo al rischio di cadere dalle finestre.

  • Disturbi della fase REM possono portare a cadute dal letto, con conseguenti traumi come possono essere i traumi cranici.

  • L’insonnia fa aumentare il rischio suicidio.

Se si presentano problemi del sonno o segni di apnea notturna (russare, nicturia, bruxismo, eccessiva sonnolenza diurna, problemi cognitivi…) è opportuno rivolgersi a un medico, perché fortunatamente queste condizioni possono essere curate.

Fonti

Homer. “Iliad.” Hackett Publishing Company, Indianapolis, 1997.Hublin C, et al. “Sleep and mortality: a population-based 22-year follow-up study.” Sleep. 2007 Oct;30(10):1245-53.Jeyaraj D, et al. “Circadian rhythms govern cardiac repolarization and arrhythmogenesis.” Nature, 2012; DOI: 10.1038/nature10852.Kryger MH, et al. “Principles and Practice of Sleep Medicine.” Elsevier, 6th edition, 2016.Shepard JJ. “Hypertension, cardiac arrhythmias, myocardial infarction, and stroke in relation to obstructive sleep apnea.” Clin Chest Med 1992;13:437-458

Detossificazione e Genetica

Una grande quantità di sostanze tossiche di diversa natura chimica viene liberata ogni anno nell’ambiente che ci circonda e finisce per entrare nel ciclo aria-acqua-suolo, e per accumularsi nelle piante, negli erbivori e nei carnivori. Per rendersi conto della quantità di rifiuti tossici prodotti dall’uomo è sufficiente visualizzare le dimensioni dei “garbage state” cioè di quelle isole galleggianti di rifiuti plastici presenti nell’oceano pacifico e con le dimensioni pari a quelle del Canada. Queste sostanze si disgregano nel mare e finiscono nella catena alimentare ittica, ma alla fine, raggiungono l’uomo a causa della sua posizione apicale nella catena alimentare. “In altre parole tutto quello che scarichiamo nell’ambiente attraverso l’aria, l’acqua o nel suolo può ritornare sulla nostra tavola, negli alimenti di cui ci nutriamo.

Ad un’analisi attenta potremmo accorgerci che ci sono molte sostanze tossiche intorno a noi, anche in luoghi che frequentiamo abitualmente e che per tale ragione siamo portati a considerare sicuri”,ci spiega Giovanni Battista Gidaro, biologo, nutrizionista e consulente di nutrigenetica, autore del trattato: “Nutrigenomica ed Epigenetica, dalla Biologia alla Clinica (Edra 2017).

Tra queste sostanze troviamo una lunga lista, ma sostanzialmente possiamo elencare le seguenti: solventi volatili (es. stirene), oli minerali e carburanti (es benzina, diesel), fumo di sigaretta e fumi di scarico delle automobili, alcool etilico, diossine e sostanze affini, bifenili policlorinati (PCB), pesticidi (insetticidi, erbicidi, fungicidi, rodenticidi, fumiganti), metalli pesanti (mercurio, piombo, cadmio, arsenico), altri composti di origine industriale (es anilina, xilene,..), ftalati e bisfenolo-A presenti nelle plastiche, conservanti (es. parabeni presenti in farmaci e prodotti per l’igiene) e additivi presenti in alimenti, cosmetici e farmaci, ed infine sostanze di origine naturale come l’aflatossina-B1 che deve essere considerato come uno dei più potenti cancerogeni naturali . Queste sostanze entrano nel nostro organismo attraverso le vie respiratorie, la pelle, e la via alimentare in funzione delle proprie caratteristiche chimico-fisiche. Alcune vengono metabolizzate dal nostro fegato, inattivate ed eliminate, altre sono invece persistenti e possono accumularsi nei tessuti, in modo particolare tessuto adiposo, cervello e reni; altre ancora vengo bioattivate dal nostro sistema di difesa e possono esercitare i propri effetti sulle molecole bersaglio, diventando in alcuni casi anche carcinogene per effetto della fase di bioattivazione epatica.  L’esposizione cronica, giorno dopo giorno, anche a basse dosi di queste sostanze tossiche può causare un danno cellulare che nel tempo può evolvere a malattia di diversa natura (neurologica, cardiovascolare, endocrina, immunitaria e autoimmune), promuovere l’invecchiamento e favorire l’insorgenza di tumori. Vi starete domandando a questo punto quanto sia alta la probabilità di essere esposti a tali sostanze tossiche ovvero se l’esposizione cronica a sostanze tossiche sia un problema reale da tenere in considerazione. Vi rispondo analizzando alcuni esempi. Lo sapevate che il secondo più grande disastro ambientale al mondo causato da contaminazione con PCB è avvenuto in Italia? I PCB sono sostanze utilizzate a scopo industriale nei condensatori elettrici, ma si ritrovano anche i inchiostri e vernici, lubrificanti ed altri prodotti; sono veleni mitocondriali ed aumentano l’insorgenza di diverse forme di tumore, patologie neurologiche, autoimmuni e aborti. Essi non sono biodegradabili e persistono nell’ambiente; la principale via di contaminazione per l’uomo è quella alimentare attraverso cibi grassi come il salmone allevato, i formaggi ed il latte, anche quello materno che rappresenta una fonte di contaminazione per il neonato.

Lo sapevate che cuocere carne e pesce ad alta temperatura (griglia) produce Benzo(a)pirene ed Amine Aromatiche Eterocicliche (AAE) in quantità apprezzabili? Per intenderci il benzo(a)pirene si ritrova anche nel fumo di sigaretta e nei fumi di scarico delle automobili ed è notoriamente un cancerogeno. Le AAE sono state riconosciute come carcinogene dalla Organizzazione Mondiale delle Sanità sin dagli anni ’80 e sono state associate a tumori intestinali e della prostata. Per evitare la produzione di queste sostanze, è bene dunque cuocere la carne a temperature inferiori ai 125 °C, quindi al vapore, oppure in acqua (bollito) o nel sugo oppure come scaloppine evitando di fare diventare la carne marroncina o peggio ancora di bruciarla.

Lo sapevate che le plastiche di comune utilizzo possono rilasciare sostanze che si comportano da alteratori endocrini (“endocrine disruptors”) tra cui gli ftalati ed il bisfenolo-A (BPA), che sono state correlate a diverse patologie tra cui quelle della riproduzione e dell’obesità?. Gli ftalati sono aggiunti alle plastiche per renderle morbide (es pellicole anche per alimenti, bottiglie di plastica, sacchetti..), ma vengono rilasciati facilmente soprattutto a contatto con alimenti grassi. Gli ftalati possono anche essere rilasciati dalle plastiche nella polvere di casa ed essere poi inalati, particolarmente dai bimbi che giocano con giochi di plastica. Per quanto vi sembrerà incredibile, gli ftalati sono contenuti in alcuni profumi anche di marca e possono passare anche attraverso la cute. Il BPA viene invece aggiunto alle plastiche per renderle dure (es biberon). Un modo per difenderci dall’azione di queste sostanze è quello di ridurre l’utilizzo della plastica e preferire il vetro dove possibile.

Penso che questi tre esempi siano sufficienti a dimostrare come siamo tutti esposti a sostanze tossiche di diverse natura. Fortunatamente abbiamo un sistema di detossificazione endogeno costituito da set enzimatici specifici deputati alla trasformazione ed eliminazione delle sostanze tossiche o meglio delle sostanze estranee al nostro organismo, anche definite con il termine di xenobiotici. Questo sistema è organizzato in due gruppi di reazioni, quelle di fase-I e quelle di fase-II. Le reazioni di fase-I sono soprattutto svolte da una famiglia di enzimi chiamati citocromi (CYP450) che hanno il compito di trasformare gli xenobiotici, mentre le reazioni di fase-II sono reazioni sintetiche di coniugazione della sostanza tossica con gruppi chimici (es glutatione, acetile, metile, acido glucuronico) che ne facilitano l’escrezione. Le reazioni di fase-I, tuttavia bioattivano i procarcinogeni in cancerogeni che se non vengono prontamente eliminati dalla fase-II possono avere il tempo sufficiente per fare danni al DNA delle nostre cellule. Normalmente questi danni vengono prontamente riparati, ma nel tempo qualcuno può sfuggire ed accumularsi nel DNA danneggiando eventualmente geni coinvolti nel controllo del ciclo cellulare (oncogeni e oncosoppressori) ed aumentando il rischio di cancerogenesi. Sebbene i nostri enzimi di riparazione siano molto efficienti, differenze genetiche interindividuali nel sistema di detossificazione possono aumentare il rischio che gli xenobiotici possano accumularsi nell’organismo ed esercitare la loro azione tossica. Ad esempio, è noto che polimorfismi genici, ovvero cambiamenti relativamente comuni nella sequenza del DNA, nel gene CYP1A2 (allele Fast) possono aumentare la velocità di bioattivazione dei procarcinogeni quali il benzo(a)pirene, l’alfatossina-b1 e le AAE. Se il soggetto è simultaneamente portatore di polimorfismi sfavorevoli che riducono la velocità degli enzimi di fase II (GSTM1, GSTT1) o altri enzimi di fase I (EPHX1) deputati allo smaltimento dei cancerogeni bioattivati, allora questi composti cancerogeni finiscono per accumularsi e agire sul DNA. Per questa ragione, tali persone dovrebbero ridurre il consumo di carne cotta alla griglia. Lo stesso discorso vale per altre sostanze xenobiotiche: se la fase I funziona troppo e la fase II è rallentata, l’effetto globale è un accumulo di sostanza tossica o se preferite una riduzione della sua velocità di smaltimento. Deve essere notato che per altre sostanze, come la caffeina, vale un ragionamento opposto. La caffeina viene metabolizzata esclusivamente dall’enzima CYP1A2: se questo enzima funziona lentamente (metabolizzatori lenti) la caffeina tende ad accumularsi e questa condizione è stata associata ad infarto cardiaco non-fatale (da non sottovalutare), mentre se l’enzima funziona velocemente (metabolizzatori veloci), la caffeina viene smaltita velocemente senza conseguenze per la salute (Cornelis M.C. et al., 2006).

Come possiamo difenderci dalle sostanze tossiche? Possiamo attuare diverse strategie. Prima di tutto, dobbiamo ridurre l’utilizzo di prodotti che liberano sostanze tossiche nell’ambiente, iniziando dall’ambiente domestico. Fate attenzione alle etichette dei prodotti per l’igiene, dei cosmetici e dei detersivi per la pulizia della casa. Evitare il fumo di sigaretta ed il consumo di alcol etilico. La seconda strategia può essere quella di sottoporsi ad un test genetico per valutare i polimorfismi degli enzimi di detossificazione al fine di identificare eventuali debolezze del sistema di detossificazione da compensare con la nutrizione. La terza strategia è quella di personalizzare la nutrizione con metodi di cottura adeguati, alimenti protettivi e nutraceutici endomodulatori per compensare la presenza di eventuali polimorfismi sfavorevoli. Per fare un esempio, in persone con assenza del gene GSTM1 o GSTT1 l’impiego di glucosinolati (principi attivi presenti nel cavolo e nel broccolo) ha dimostrato di ridurre il rischio di tumore del polmone in uno studio condotto su 2141 pazienti e 2168 controlli (Brennan et al., 2005), mentre l’assunzione di isotiocianati ha ridotto il rischio di cancro colorettale in un altro studio (Yang G et al., 2010). Deve essere comunque precisato che i polimorfismi giocano solo un ruolo di modulazione del rischio e che potrebbero essere presenti altre varianti genetiche con un effetto patogenico più marcato. Pertanto, oltre a quanto già detto, si raccomanda un approccio preventivo globale basato su una dieta equilibrata (senza carboidrati raffinati) e variegata, ricca in verdure ed alimenti ad azione antiossidante e protettiva, su uno stile di vita salutare e su una regolare attività fisica settimanale, aerobica o con  75 minuti di esercizio vigoroso, in quanto questi pilastri costituiscono le fondamenta della migliore medicina preventiva come raccomandato dalle linee guida della American Cancer Society (ACS).

 

 

Per contattare il Dott. Giovanni Battista Gidaro:

cellulare 348.932.5053

email: gbgidaro@gmail.com, info@reportgenomics.com, www.reportgenomics.com

 

Ecco le mosse vincenti per la riuscita di un incontro a due

Preludio 

Create le condizioni favorevoli all’incontro d’amore

Preparare la scena per l’incontro d’amore non significa solo luci soffuse o musica in sottofondo. Per creare l’atmosfera giusta è necessario usare il tempo, il luogo, i sensi e l’umore per spostare l’attenzione dalle normali preoccupazioni all’amore.

Se non riusciamo ad assicurarci che l’atmosfera sia adatta, non riusciremo a essere perfettamente presenti a quanto sta per succedere.

Ci può sembrare difficile entrare in contatto con le sensazioni fisiche e possiamo pure faticare a concentrarci sulla passione, ma se prepariamo l’ambiente in modo adeguato avremo più probabilità di riuscire ad abbandonare il mondo esterno, quello delle preoccupazioni, per abbandonarci al mondo interiore delle sensazioni appassionate.

 

All’inizio di una relazione

La scelta del tempo è essenziale per la relazione, incontrarsi in un luogo pubblico può dare un senso di sicurezza e rilassamento. Limita le distrazioni scegliendo un posto in cui possiate sedere vicini, parlare, toccarvi e conoscervi meglio.

Quando tornate a casa è meglio iniziare dal divano, potrebbe essere troppo presto per puntare alla camera. L’importante è eliminare ogni tipo di distrazione e concentrarsi sul partner.

 

Scegli il momento giusto

Se fai l’amore quando non sei dell’umore giusto, solo perché pensi di “dovere”, potresti trascinarti in un umore nero che può uccidere il desiderio.

 

Invece se scegli il momento della giornata in cui senti forte il desiderio, accrescerai il tuo piacere. Molte coppie fanno l’amore di sera, ma tu potresti avere più energie al mattino, o preferire l’umore tranquillo del pomeriggio.

Allo stesso modo, e in particolare nelle relazioni a lungo termine, sii pronto ai cambiamenti per evitare la noia.

Evita di avere una routine troppo regolare, a meno che questo rituale non serva ad accendere il desiderio. Evita di dire no a orari insoliti (di primo mattino, nel bel mezzo di una giornata lavorativa) senza dare al tuo corpo la possibilità di decidere. Conta fino a trenta, poi rispondi nel modo più appassionato possibile. Se la risposta è ancora no, dillo. Se è sì, prosegui.

 

Usa i sensi, l’attrazione è un processo multisensoriale

Vista

Come molti mammiferi, anche gli essere umani identificano i partner potenziali basandosi su quello che vedono. Il cervello maschile risponde in modo particolare agli stimoli visivi quindi se volete eccitarlo usate i classici “trucchi” visuali, come consentirgli uno sguardo su una parte di pelle nuda.

 Numerosi studi indicano che il contatto visivo è vitale per gli incontri intimi. Uno studio sulla scansione cerebrale ha rilevato che quando le persone hanno mantenuto un contatto visivo prolungato, hanno iniziato a battere le palpebre simultaneamente e la loro attività cerebrale si è effettivamente sincronizzata. Questi lunghi sguardi aumentano l’attrazione reciproca.

Ricorda anche che le luci soffuse incoraggiano una maggiore vicinanza, una comunicazione più personale e un maggiore desiderio di toccare più che di parlare. Abbassa la luce o accendi alcune candele.

 

Udito

Entrambi i sessi sono eccitati dal suono, anche se le donne in misura leggermente inferiore agli uomini. I suoni e la musica risultano particolarmente erotici se seguono il ritmo dell’amore. Le voci risultano eccitanti se parlate piano e con toni bassi, come accade naturalmente durante l’amore.

Uno studio del 2014 ha rilevato che le persone cambiano il tono della voce quando parlano con qualcuno che trovano attraente. Le voci degli uomini variavano di tono e si abbassavano quando parlavano con una donna da cui erano attratti.

Le parole del sesso possono risultare eccitanti, ma solo se accettate da entrambi.

 

Olfatto

I profumi personali o quelli per gli ambienti possono risultare molto stimolanti perché particolarmente sensuali, oppure perché richiamano alla mente ricordi di precedenti esperienze esaltanti.

L’olfatto gioca un ruolo importante nell’attrazione. La ricerca suggerisce che le persone usino inconsciamente l’olfatto per scovare i compagni appropriati.

Comunque non devi vergognarti dell’odore naturale del tuo corpo, poiché le tue emanazioni contengono ferormoni (ormoni sessuali) e uno studio ha dimostrato che gli individui con una secrezione di ferormoni più elevata sono maggiormente attraenti e seducenti.

Gusto

Il gusto ha un ruolo importante nell’eccitazione, attivandosi prevalentemente col bacio, atto che permette di “assaggiare” l’altra persona.  È un momento cruciale in grado di accendere le fiamme o spegnere la scintilla. Si tratta di una fase che coinvolge relazioni spaziali sempre più strette poiché ti avvicini abbastanza da poter sentire l’odore dell’altra persona.

Anche se non te ne rendi conto, gli indizi che stai raccogliendo sono genetici. Il tuo odore e il tuo gusto sono determinati da un particolare complesso di geni che costituisce il tuo sistema immunitario.

Ti vengono comunque in aiuto alcuni cibi che sono talmente deliziosi da risvegliare i sensi, altri ancora sono così romantici che aiutano ad entrare nell’umore giusto (ne parleremo in un prossimo articolo improntato sul cibo e le sue azioni sulla sessualità.

C’è sempre stata una correlazione tra cibo e sesso perché sono due dei più grandi piaceri noti all’umanità ed entrambi gli appetiti devono essere naturalmente soddisfatti.

 

Tatto

E’ il senso che ha effetti più diretti sulla sessualità.

Il tocco romantico non è lo stesso di altre sensazioni tattili. Secondo uno studio di brain-scanning, quando le persone pensano di toccare un partner romantico, attivano una parte diversa del cervello rispetto a quella attivata pensando di toccare un oggetto inanimato. I ricercatori hanno scoperto che questa attività cerebrale era correlata al grado di amore appassionato che i partner avevano indicato nel questionario pre studio.

Nel  giusto contesto, un tocco leggero può essere molto persuasivo. 

Uno studio del 2007 ha rilevato che quando un uomo toccava leggermente il braccio di una donna mentre le chiedeva di ballare, era più probabile che dicesse di sì. Altre ricerche hanno scoperto che il tatto aumenta la risposta del cervello a una situazione emotiva. “Tale elaborazione avanzata può quindi aumentare l’empatia e la probabilità che il destinatario del tocco agisca a favore del toccante”, hanno concluso i ricercatori al termine di una ricerca nel 2011.

Focus sulle emozioni sensoriali

Emozionati prima di fare l’amore, danzando, abbandonandoti, concedendoti carezze o facendoti fare un massaggio; sperimenta una vasta gamma di sensazioni (un bagno caldo, una crema per il corpo, una goccia del suo profumo, un sorso di vino dal suo bicchiere, ecc…) per abituare il sistema nervoso a essere più ricettivo.

L’organo più erotico è il cervello, quindi se pensi che qualcosa ti ecciterà, sicuramente accadrà.

Tieni sempre a mente che la seduzione non riguarda solo il sesso, pertanto cerca di creare un distacco dal risultato in modo da essere sempre te stesso. Ricorda che l’anticipazione di ciò che potrebbe accadere è essa stessa metà del divertimento, quindi lascia che la tensione sessuale si sviluppi gradualmente in modo tale che quando finalmente accadrà, al partner “esploderà” la mente.

Prenditi il ​​tuo tempo e… il meglio deve ancora venire!

 

La Dr.ssa Valeria Guerra, Mental and Life Coaching

 

Solo i battiti uniti del sesso e del cuore insieme possono creare l’estasi.
Anaïs Nin

 

 

 

Alimentazione

In ricordo di Sergio

In ricordo di Sergio

Sergio Cascia, Segretario Generale Provinciale FIMMG della Sezione di Ancona ci ha lasciato dopo una malattia che l’aveva colpito alcuni mesi fa e contro la quale ha combattuto con forza d’animo e coraggio, come era nel suo stile di uomo affidabile, intelligente e disponibile. Doti che ha profuso per tanti anni in favore della categoria del Medici di Medicina Generale delle Marche e dei suoi Assistiti. Oggi ci sentiamo tutti più soli perché perdiamo un nostro compagno di strada capace e competente, che ha guidato con entusiasmo e convinzione molti dei processi di innovazione della medicina generale marchigiana, coinvolgendosi in prima persona e spendendo sempre  la sua credibilità per favorire la crescita di tutta la categoria e dei sistemi di cura territoriali. Non possiamo non ricordare, inoltre, il suo impegno per i pazienti e più in generale per tutti i cittadini e la sua disponibile laboriosità per coglierne i bisogni, mettendosi sempre al loro fianco per garantire  nel territorio un adeguato e sempre più elevato livello di assistenza. Qualità che ha saputo trasmettere ai tanti Giovani Medici che hanno frequentato, come tirocinanti, il suo studio professionale.

Da ultimo, come non ricordare la sua allegra convivialità, umanità semplice ma grande che lo faceva subito diventare amico, fratello, padre, prossimo, con fare affettuoso e premuroso. Un esempio e uno stile di vita, quello di Sergio, che fa riflettere tutti noi in questo momento di tristezza. Un uomo che, in questi problematici tempi di divisione, sapeva creare Comunità

Ci conforta e ci stimola a proseguire nel suo percorso, il ricordo della sua persona, dei tanti momenti trascorsi a discutere, confrontarci e progettare. Degli obiettivi raggiunti e delle delusioni. Dei pranzi saltati, delle cene a tarda ora, dei lunghi viaggi in macchina, dei panini in auto-grill…..Ciao Sergio.

Massimo Magi

segretario regionale della FIMMG,

In ricordo di Sergio Cascia

Sergio Cascia ci ha lasciato

venerdì 25 gennaio 2019 10.50 – Notizie

Sergio Cascia, Segretario Generale Provinciale FIMMG della Sezione di Ancona ci ha lasciato dopo una malattia che l’aveva colpito alcuni mesi fa e contro la quale ha combattuto con forza d’animo e coraggio, come era nel suo stile di uomo affidabile, intelligente e disponibile. Doti che ha profuso per tanti anni in favore della categoria del Medici di Medicina Generale delle Marche e dei suoi Assistiti. Oggi ci sentiamo tutti più soli perché perdiamo un nostro compagno di strada capace e competente, che ha guidato con entusiasmo e convinzione molti dei processi di innovazione della medicina generale marchigiana, coinvolgendosi in prima persona e spendendo sempre  la sua credibilità per favorire la crescita di tutta la categoria e dei sistemi di cura territoriali. Non possiamo non ricordare, inoltre, il suo impegno per i pazienti e più in generale per tutti i cittadini e la sua disponibile laboriosità per coglierne i bisogni, mettendosi sempre al loro fianco per garantire  nel territorio un adeguato e sempre più elevato livello di assistenza. Qualità che ha saputo trasmettere ai tanti giovani medici che hanno frequentato, come tirocinanti, il suo studio professionale.

Da ultimo, come non ricordare la sua allegria, convivialità, umanità semplice ma grande che lo faceva subito diventare amico, fratello, padre, prossimo, con fare affettuoso e premuroso. Un esempio e uno stile di vita, quello di Sergio, che fa riflettere tutti noi in questo momento di tristezza.

Ci conforta, però, il ricordo della sua persona, dei tanti momenti trascorsi a discutere, confrontarci e progettare, dei pranzi saltati, delle cene a tarda ora, dei lunghi viaggi in macchina, dei panini in auto-grill…..Ciao Sergio.

Massimo Magi

Ciao Sergio

I colleghi dell’Associazione Medici della Media Vallesina ed i colleghi di Medicina Generale dell’Area Vasta 2 partecipano alla grave perdita del Dott Sergio Cascia.

 

Autismo.

Autismo. Trovati biomarcatori che possono portare a diagnosi più precoci. La ricerca dell’Università di Bologna

Un team di ricerca italo-britannico ha messo a punto un nuovo test – il primo di questo tipo – basato sull’individuazione di specifici danni alle proteine plasmatiche. Uno strumento che può rivelarsi utile per arrivare a identificare i disturbi dello spettro autistico anche in età molto precoce e aprire la strada a nuovi trattamenti.

19 FEB – Un team di ricercatori di Università di Bologna, Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (Irccs), Università di Warwick e Università di Birmingham ha messo a punto un nuovo test – il primo di questo tipo – che potrebbe portare a diagnosi più precoci nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, favorendo così trattamenti più tempestivi.

Il test – pubblicato sulla rivista Molecular Autism – si basa sull’individuazione, attraverso biomarcatori nel sangue e nelle urine, di specifici danni alle proteine plasmatiche. Un risultato che potrebbe portare in futuro a fare luce su cause non ancora identificate alla base dei disturbi dello spettro autistico, contribuendo così a mettere a punto nuove terapie, che saranno tanto più efficaci quanto più precocemente applicate.

Cosa sono i disturbi dello spettro autistico
I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono disturbi del Neurosviluppo che impattano principalmente sulle interazioni sociali e che possono comprendere un’ampia gamma di problemi comportamentali, tra cui anomalie nella comunicazione, comportamenti ripetitivi o compulsivi, iperattività, ansietà, difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, disturbi sensoriali e, in molti casi, disabilità intellettiva. I sintomi possono essere molto eterogenei e, soprattutto in età precoce, molto sfumati. Per questo motivo è spesso difficile ottenere una diagnosi certa prima di 24-36 mesi di età.

Le cause di questo tipo di disturbi sono ancora poco chiare. Mentre in circa un terzo dei casi (30–35%) possono essere riconosciute motivazioni genetiche, per il restante 65–70% dei soggetti colpiti si ritiene che l’autismo sia causato da una combinazione di fattori ambientali, mutazioni multiple e varianti genetiche rare.

Nuovi indizi e utili conferme
Nuovi indizi per fare luce sulle cause di questi disturbi possono arrivare ora grazie al nuovo test messo a punto dal team di ricerca italo-britannico. Gli studiosi hanno infatti individuato un legame tra ASD e un particolare danno alle proteine plasmatiche dovuto a fenomeni di ossidazione e di glicazione.

“Questa ricerca – spiega Marina Marini, docente al Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Alma Mater, che ha coordinato il gruppo bolognese – mette in luce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del Neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche comuni in bambini che hanno sicuramente background genetici diversi. Ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche”. In particolare, nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico sono stati riscontrati livelli più elevati di uno specifico marcatore di ossidazione, la di-tirosina (DT), e di composti denominati “Advanced Glycation Endproducts” (AGEs).

Dai risultati della ricerca, inoltre, è arrivata anche la conferma che nei disturbi dello spettro autistico è coinvolta un’alterazione dei trasportatori di aminoacidi, già identificata in una rara mutazione genetica che determina autismo. Nei bambini studiati, però, le cause dell’alterazione potrebbero essere di tipo epigenetico e non genetico, quindi potenzialmente modificabili.

“La nostra scoperta – spiega Naila Rabbani, Reader di Experimental Systems Biology all’Università di Warwick, che ha guidato la ricerca biochimica – potrebbe portare a una diagnosi e a interventi terapeutici più precoci. Speriamo, inoltre, che questo tipo di studi possa mettere in luce nuovi fattori causativi: nuove ricerche potrebbero infatti rivelare specifici profili plasmatici e urinari di composti che portano traccia di modificazioni dannose. Non solo, quindi, si potrà migliorare la diagnosi, ma anche individuare nuove cause dell’ASD”.

I protagonisti dello studio e i prossimi passi
Per realizzare lo studio, il Centro Disturbi dello Spettro Autistico dell’Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna ha realizzato una valutazione clinica su 38 bambini affetti da disturbi dello spettro autistico (29 maschi e 9 femmine) e un gruppo di controllo composto da 31 bambini a sviluppo normotipico (23 maschi e 8 femmine), tutti di età compresa tra 5 e 12 anni. Il team dell’Università di Warwick, guidato da Naila Rabbani, ha poi studiato campioni di sangue e di urina, evidenziando le differenze chimiche tra i due gruppi. Un ricercatore dell’Università di Birmingham ha invece combinato i dati relativi ai cambiamenti dei diversi composti, elaborando un algoritmo di machine learning: un’intelligenza artificiale che consente di distinguere tra i soggetti affetti e quelli non affetti. Il risultato è stato un test diagnostico con ottima capacità di distinguere tra veri e falsi positivi e veri e falsi negativi.

Sarà necessario ora ampliare lo studio a nuovi gruppi di bambini con l’obiettivo di confermarne l’efficacia e valutare se i biomarcatori individuati siano in grado di discriminare non solo tra bambini affetti e sani, ma anche tra diverse patologie del Neurosviluppo o che comportano stress ossidativo, e per valutare, inoltre, la sua capacità di identificare l’ASD anche in età molto precoce.

19 febbraio 2018
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